mercoledì 15 giugno 2016

Pagaiata attorno a Moneglia

Moneglia vista dal mare
Il meteo per lo scorso fine settimana non prometteva nulla di buono. Siamo partiti lo stesso, coi kayak sul tetto, alla volta di Moneglia. Il primo tratto di strada è stato poco incoraggiante dato che da casa fino a Pavia si viaggiava a velocità ridotta sotto ad una pioggia che sembrava più il diluvio universale che una pioggerellina primaverile; fortunatamente prima di raggiungere l'appennino ligure è uscito un bel sole.
Raggiunto il camping “il Rospo” ben più tardi del previsto abbiamo montato in fretta e furia la tenda e siamo entrati in acqua.
imbarco difficile
Questo posto non è propriamente adatto ai kayak dato che per andare in mare bisogna fare una scala stretta e ripida che finisce direttamente in acqua. Abbiamo scelto di far base qui perchè, dopo aver fatto in settimana un giro di telefonate e di mail, questo è risultato l'unico camping sul mare tra quelli contattati che non si è mostrato infastidito dalle richieste di informazioni di un cliente (info su disponibilità e logistica, non ho chiesto nulla di strano).
Montata la tenda in fretta e furia abbiamo portato a fatica i kayak in acqua e ci siamo preparati alla navigazione. Ci imbarchiamo che è ormai tarda mattinata e puntiamo verso ovest. Il golfo di Moneglia è poco interessante, ci sono stabilimenti balneari che a quest'ora sono ancora vuoti. Costeggiamo e proseguiamo oltre, il litorale diventa ripido e roccioso, un meraviglioso susseguirsi di piccole baie tutte da esplorare. All'interno della roccia passa la famosa e caratteristica “strada delle gallerie” che abbiamo percorso per raggiungere Moneglia da Sestri Levante.

cercando l'ombra
In alcuni punti si vedono i vari strati di roccia che si sfogliano e sembrano cadere nel mare, si possono trovare anche delle piccole aperture “a misura di kayak” in cui ci si può infilare di poppa per cercare un poco di ombra e trovare refrigerio mentre ci si fa dolcemente cullare dal mare calmo.
Alla punta più esposta dopo Moneglia c'è anche una grotta molto bella, è un tunnel abbastanza lungo che attraversa un piccolo promontorio roccioso, l'apertura è larga circa un paio di metri e va via via stringendosi sbucando, con una piccolissima apertura, nella baia successiva. L'ho percorso tutto, sentendomi un grande esploratore. Alla fine ci si spinge con le mani sulla roccia perchè non c'è più spazio per manovrare la pagaia; a poche decine di centimetri dall'uscita un masso restringe il passaggio a meno di 50 cm. Dopo averci spanciato sopra ad un'ondata ed aver quasi rischiato l'uscita bagnata ho fatto retromarcia dato che di li neanche con un kayak ci si passa.
la roccia nera e l'azzurro mare
Proseguiamo la nostra navigazione senza fretta, non avendo una meta ben precisa ci soffermiamo spesso a guardare la costa e le onde che si frangono sugli scogli. Ci divertiamo a zigzagare tra gli scogli ed a passare sopra ai massi che vengono sommersi e scoperti ad ogni ondata, quasi sempre sbagliamo il calcolo dei tempi ed impattiamo con la pancia sulla roccia.
Giusto quando la fame si fa sentire arriviamo all'unica grossa spiaggia -di ciottoli- presente su questo tratto di costa, proprio sotto ad un ristorante posto in una valle tra due gallerie ben visibile anche dalla strada. Sbarchiamo per un bagno in mare (il mio primo dopo parecchi anni) ed il pranzo al sacco. Dopo esserci rifocillati proseguiamo oltre fino a raggiungere una punta con uno scoglio su cui e posata una statuetta... oltre vediamo il centro di Riva Trigoso ma decidiamo di rientrare dato che si sta alzando un po' di vento contrario al rientro. Il viaggio di ritorno è più veloce dato che tagliamo i golfi e non ci soffermiamo molto. Facciamo solo una pausa con sbarco sugli scogli a metà strada, tagliamo anche il golfo di Moneglia e raggiungiamo il campeggio.
Sbarco su una frana
Visto che è presto proseguiamo oltre verso Deiva per un paio di km, qui la costa è ben diversa, non è roccia ma terra ed è un'unica frana constellata di muraglioni e sbarramenti di massi che tentano di fermare la capacità di erosione del mare. Una volta rientrati al campeggio fatichiamo non poco per riportare kayak ed attrezzatura al piano della strada, facciamo una doccia, sistemiamo il materiale in macchina pronto per partire la mattina del giorno successivo, allestiamo la tenda per la notte e ci soffermiamo sdraiati sotto un pino a tirare l'ora di andare a mangiare.
La sera cena di pesce in un ristorantino, giro sul lungomare e tra le viuzze del centro storico e poi in tenda a riposare.
Veniamo svegliati verso le 6 da un'acquazzone, aspettiamo che perda di forza e smontiamo la tenda.
La mattinata la passiamo in auto, sotto ad un cielo nero e cupo a bighellonare tra le stradine di montagna tra Sestri e le cinque terre. Verso le 10 il cielo si apre ma il mare rimane molto mosso. A Riva Trigoso, sulla spiaggia all'inizio della strada delle gallerie, mettiamo i kayak in acqua litigando con onde alte più di un metro che formano una zona di surf. Ci rendiamo subito conto che le condizioni non sono adatte alla nostra esperienza e sbarchiamo dopo poche centinaia di metri sulla spiaggia successiva. Carichiamo tutto in auto e torniamo a casa.
Nonostante il secondo giorno sia andato veramente male siamo ben felici di aver portato i nostri Prijon in mare per la prima volta, siamo tutti e due soddisfatti anche dei nuovi acquisti (la mia pagaia ed il timone di Gloria).








mercoledì 8 giugno 2016

Gloria al timone!

Lo scorsa domenica il meteo ci ha tenuto chiusi in casa. Ne abbiamo approfittato per dotare il kayak di Gloria di timone.
Volendo in commercio si trovano kit "universali" coi quali si può risparmiare un po'; altrimenti avendo a disposizione qualche attrezzo (un trapano a colonna e poco altro) si potrebbe tentare un'autoscostruzione senza probabilmente incontrare troppe difficoltà.
L'originale costicchia un po'... ma viene fornito direttamente pronto all'installazione, ed il risultato è garantito... oltretutto un bel kayak nuovo merita di avere il SUO timone.
Qualche giorno prima sono andato al Tuttocanoa (importatore esclusivo per l'Italia di Prijon) per recuperare il set originale che è uguale per tutti i kayak monoposto di questa casa.

Non occorre aggiungere nulla. Tutti i cavi, moschettoni, elastici, viti e dadi sono già compresi nel kit.

Ansia da trapano
Si installa la "lama" direttamente sul supporto che sta a poppa di tutti i kayak Prijon (si usa la brugola del seggiolino); con trapano e punta da 4mm si fora dove si vorrà installare l'occhiello che tiene tese le cimette che si manovrano per armare o disarmare il timone, unica accortezza è quella di trovare un punto idoneo e che non disturbi troppo nel mettere o togliere il paraspruzzi.
La parte più lunga è giocare a rifare i nodi che tengono in tensione questo comando in maniera da trovare la misura giusta.

Ora basta far passare le cordicelle che comandano la direzione tramite la pedaliera nei passacime che già si trovano nel kayak. Si parte infilandole dal pozzetto proprio sotto ai premicosce; una volta arrivate a poppa si fanno dei nodi sui moschettoni ai lati della piastra che fa da bilanciere. Una volta fissate le cinghie regolabili ai pedali e tagliata la cimetta in eccesso il lavoro è fatto.


Prove coi tiranti
Per ora solo il kayak di Gloria è timonato, io voglio provare a farne a meno
Il kayak con timone è come la macchina col cambio automatico e mi sono convinto del fatto che sia meglio imparare a gestire kayak con la pagaia ed il baricentro prima di concedersi questa comodità... un po' come è meglio saper usare un cambio e una frizione prima di passare ai due pedali.


www.tuttocanoa.it
http://www.prijon.com/



Lavoro finito: approvato dalle due supervisori Aika e Maya

domenica 5 giugno 2016

La mia nuova pagaia

La pagaia è lo strumento con il quale si imprime  movimento ad una piccola imbarcazione.

Uno strumento tanto efficiente quanto sterile se pensiamo ad una pagaia “europea” o “moderna” costruita in carbonio ed altri materiali compositi ultra-moderni ed in cui lo studio che c'è dietro le sue forme è stato fine e curato quanto lo è quello di un'automobile da corsa.

All'estremo opposto troviamo le groenlandesi in legno. Non sono state studiate da ingegneri al pc ne tanto meno sono fatte in laboratori che lavorano materiali degni di una ditta aerospaziale. La loro forma è stata sviluppata dagli inuit in secoli (o forse millenni) di utilizzo in mare; loro le costruivano con i tronchi ed i rami che il mare gli donava, legni che arrivavano da chissà dove e che venivano sapientemente intagliati e lavorati a mano con strumenti semplici. Ognuno ha le sue preferenze, sia sulla tipologia che sui materiali, ma nessuno è immune al fascino di un bell'oggetto in legno fatto a mano.
Se non siete inuit ma siete europei, e magari avete la fortuna di abitare vicino ad un bravo artigiano del legno appassionato di kayak, potete concedervi un gran lusso: avere come pagaia un bell'oggetto;

una vera e propria piccola opera d'arte come può esserlo solo il frutto del lavoro e della passione di un piccolo artigiano che ama il suo lavoro.

Domenica siamo stati in una valle del varesotto, a casa di Sergio. Lui produce le pagaie a marchio Avatak. Gloria aveva deciso di regalarmi una sua creazione e mi ha detto di scegliere quella che volevo.
Sergio si definisce falegname ma in realtà il suo lavoro è qualcosa di più:
Con le diverse essenze si diverte a giocare per ottenere risultati diversi in termini di flessibilità e robustezza. Le Avatak sono costruite con ben 11 inserti di legni diversi avendo cura di utilizzare legni leggeri e flessibili per le parti centrali e legni più duri e resistenti per quelle più soggette ad urti ed usura. Gli accostamenti cromatici tra le varie essenze sono quasi sempre azzeccati al punto da far invidia al lavoro di un'ebanista; c'è da meravigliarsi del fatto che molti le vogliano verniciate in nero.

Dopo aver maneggiato qualche pagaia ed averne viste e toccate altrettante in vari stadi di lavorazione mi sono innamorato di quella dalla forma più semplice (che lui chiama “Terranova”)  che riposava su due cavalletti assieme ad altre sue simili dopo aver ricevuto l'ultima mano di protettivo trasparente. E' stato un piacere anche ascoltare le caratteristiche delle varie essenze utilizzate:
Abete rosso per l'anima che corre per tutta la lunghezza, Cedro rosso  e DiFou per le pale , Teak per il manico. La mia Terranova è lunga 234cm e pesa 947g.
Per ora riposa infilata nel pozzetto del kayak...ma come il proprietario non vede l'ora di andare in acqua!

http://www.avatakpagaie.com

La Pocket Canyon a casa

foto Luca Cattaneo Non vedevo l'ora di mettere in acqua la mia nuova Pocket Canyon . Certo, non è stato un primo varo dato che l’avevo g...