venerdì 27 gennaio 2017

EKOwintry 2017 - Alto Lario


Ho concluso il 2016 – dal punto di vista canoistico- con una tranquillissima escursione a metà dicembre, in compagnia di Gloria, tra Piona e Gravedona.
Il 2017 invece è cominciato con un'impresa ardita, impresa che per ora è in assoluto al primo posto tra le cose più folli che abbia fatto in kayak; un trekking nautico di due giorni sempre sull'alto Lario con bivacco in tenda....nel cuore dell'inverno!
Che la parte settentrionale del Lario sia la più fredda è noto, come anche è noto che il Lario sia tra i grandi laghi italiani il più freddo. Pagaiare d'inverno è stupendo... ma per star fuori a dormire bisogna essere un po' matti!
Lorenzo e la sua simpatica barca
L'organizzazione è stata di Marco EKO che ha pianificato l'evento per il secondo finesettimana di gennaio, rinviato causa vento forte al terzo. Abbiamo passato giorni su WatsApp a scambiarci messaggi e dati meteo; fino all'ultimo siamo stati incerti dato che le previsioni erano spesso contrastanti ma alle 18 circa di venerdì 20 gennaio abbiamo deciso: l'indomani mattina ci saremmo trovati ad Oro (Bellano) alle 8 per l'imbarco. 5 partecipanti: io avrei lasciato a casa il kayak per salire su un doppio con Vittorio, Marco EKO e Roberto sui rispettivi singoli ed infine Lorenzo con una canadese con cui avremmo fatto rendez-vous a Gravedona.

Gli altri partecipanti hanno come tradizione da anni (o forse decenni) un'uscita invernale con bivacco su un lago della zona e tutti hanno curricola canoistici sbalorditivi: chi ha raccolto medaglie in campionati italiani ed internazionali, chi ha disceso centinaia di fiumi, chi ha solcato decine di mari, chi racconta di primati incredibili come la prima partecipazione italiana alla famosa “arctic sea kayak race”... e poi c'ero io, che da un annetto me ne vado in giro a giocare al kayaker. Potevo rifiutare quando mi hanno invitato?

I 5 intrepidi canoisti, autoscatto di gruppo.

La mattina di sabato sveglia alle 5 per sistemare gli ultimi dettagli dell'attrezzatura (che era già pronta dalla settimana precedente) e per scambiarci gli ultimi messaggi riguardo al meteo tutto sommato rassicurante: assenza di vento e precipitazioni, temperature minime previste attorno ai -4°C. Non potevamo chiedere di meglio. Ci imbarchiamo alle 9.20 circa dopo aver fatto non poca fatica a stivare tutto il materiale nei gavoni che, spaziosi e sovrabbondanti d'estate, diventano piccoli per una due giorni invernale. Io sono seduto nel pozzetto anteriore del CScanoe Unalaska605 di Vittorio; Marco e Roberto hanno due ASA KDM520. Puntiamo dritti il largo per la prima traversata. Il percorso dei 2 giorni ne prevede tre in modo da essere sulla sponda occidentale la mattina e su quella orientale al pomeriggio così da avere la massima esposizione al sole. Dopo pochi secondi compare un problema: un fortissimo dolore al deltoide destro che mi rende praticamente impossibile pagaiare. Con il tempo il muscolo si scalda ed il dolore diminuisce ma rimarrà una costante per tutti e due i giorni limitando fortemente l'escursione del braccio rendendo la mia pagaiata più goffa ed inefficace del solito.
Questa è una grande sfortuna: il membro più lento e meno capace del gruppo è ancora più lento. Fortunatamente essere su un K2 con Vittorio è come avere un motore fuoribordo!

Raggiunta la sponda opposta sbarchiamo a Rezzonico proprio sotto al castello per toglierci il pile da sotto la muta stagna e bere una tazza di tè caldo prima di riprendere la navigazione sottocosta in direzione di Gravedona. Nel tragitto prendiamo un appunto mentale: in primavera andare a visitare, a piedi, la chiesetta di Sant'Eufemia a Musso.
A mezzogiorno circa siamo quasi a Gravedona dove incontriamo, sulla spiaggia della Serenella, Lorenzo che ci sta aspettando a fianco della sua barca. In realtà non è una canoa canadese classica; è un ibrido tra canoa e kayak. Ha due pozzetti praticamente identici a quelli di un kayak, si sta solo seduti molto più in alto, addirittura ha una pedaliera per il timone ma si pagaia con la pala singola.
Questa simpatica imbarcazione, tra l'altro divisibile, è una creazione di Alessandrini (tutti fan delle ASA in questo gruppo) di nome “Canadian”. Lorenzo sta seduto nel pozzetto posteriore mentre in quello anteriore è stivato tutto il materiale e dei sacchi di punta.

Ora che il gruppo è completo, possiamo effettuare una nuova traversata verso la spiaggetta che sta poco a nord dell'ingresso del lago di Piona. A quest'ora è baciata dal sole e protetta da quella leggera brezza che viene dalla Valchiavenna. Un ottimo posto per consumare il primo pranzo.

Senza fretta cuciniamo, mangiamo, chiaccheriamo, sistemiamo i kayak e ci reimbarchiamo addentrandoci nel laghetto di Piona. Cominciamo il giro in senso orario ma questo luogo, pur incantevole, è sempre in ombra e noi vogliamo goderci il calore del sole finchè possiamo. Abbiamo davanti un'intera, lunga e rigida notte invernale per sentire il freddo. Noi e Lorenzo ci lasciamo andare alla deriva verso l'imboccatura e facciamo le lucertole mentre parliamo del più e del meno aspettando i due KDM che stoicamente concludono il periplo del gelido laghetto.
Una volta riunito il gruppo si pagaia di gran lena costeggiando verso il luogo prescelto per il bivacco: proprio nel punto più a nord del Lario in quella lingua di terra che separa le foci del Mera e dell'Adda. Sbarchiamo e mentre “prendiamo le misure” del prato veniamo avvisati da alcuni passanti che quella zona è protetta e che rischiamo multe salate bivaccando. Ci suggeriscono di fermarci poco prima, oltre l'Adda e così facciamo. Risaliamo in kayak per percorrere pochissime centinaia di metri ed individuare un ottimo punto pochi metri ad est del fiume.
Montiamo il campo, accendiamo un piccolissimo fuoco con parecchie precauzioni e cuciniamo.
Solo mezz'ora dopo il nostro arrivo l'acqua rimasta sui kayak era già ghiacciata. La cosa ci preoccupa un po' dato che è segno che la temperatura scenderà oltre il previsto.

Il campo sotto un cielo stellato e con a vista il Legnone

preparativi
La serata trascorre in maniera rilassata raccolti attorno al braciere anche se non si può sperare di tirar tardi come d'estate. Il freddo si fa sentire ed alle 21, dopo aver accuratamente spento il fuoco, siamo tutti in tenda. Io ho un sacco a pelo estivo, il progetto era di portarne due ma ho dovuto lasciarne uno in macchina perché avevo esaurito spazio nel gavone. Dormo quindi completamente vestito: 3 paia di calze, calze a maglia, pantaloni termici, pantaloni pesanti, copripantalone antivento, 2 magliette termiche, micropile, pile pesante, giacca a vento con cappuccio, sciarpa di lana, passamontagna, guanti di lana. Mi infilo nel sacco a pelo; sotto ho steso una coperta isotermica e sopra ne ho un'altra. Tengo in tenda il materiale elettronico (cellulare, fotocamere, batterie di scorta) ed una bottiglia d'acqua per preparare il tè evitando che congeli.
Mi sveglio poco prima della una. Ho i piedi veramente congelati e la spalla molto dolente. Per il resto del corpo sto bene. Rinuncio alla copertina superiore, che tanto era caduta, e la avvolgo attorno ai piedi; per la spalla non posso farci niente. Mi riaddormeto e tiro le 5.
A quell'ora è ancora tutto buio pesto ma non ho più sonno. Esco dalla tenda e faccio due passi sulla spiaggia. Camminare mi riattiva un pochino la circolazione nei piedi. Mi soffermo ad ammirare il Legnone con a fianco uno spicchio di luna ed un cielo limpido e stellato, vorrei fare qualche foto ma l'idea di togliere i guanti mi fa desistere.
Poco dopo vedo una figura che si muove nel buio, è Marco che sta raccogliendo legnetti per riaccendere il fuocherello. Cosa non facile dato che è tutto molto molto umido, ma una volta riusciti tolgo calze e scarpe e metto i piedi vicino al fuoco. Cerchiamo inutilmente di farci un tè caldo, i fornelletti non funzionano, il gas nelle bombolette è gelato e non ne vuole sapere di funzionare. Ho portato una bottiglia di succo di frutta, lasciata nell'abside interno della tenda, ma ora è una specie di granita molto molto densa.
Il fuoco aiuta sia il corpo che lo spirito
Pian piano si risvegliano tutti. Quando finalmente arriva la luce troviamo kayak ed attrezzatura ricoperti da uno spesso strato di brina. Le scarpe umide e le mute sono congelate e rigidissime. Un conoscente che passava da Colico per andare a sciare ci ha poi detto che in paese il termometro segnava -8,5°C, dove eravamo noi ce ne sarà stato qualcuno in meno.
Gli altri hanno fornelletti più performanti, gas più raffinato ed hanno avuto la grande idea di tenere in tenda non solo l'acqua ma tutto l'occorrente per preparare la colazione.

Ce la prendiamo con molta calma, cominciamo a smontare il campo quando il sole sbuca dal Legnone e nessuno ha voglia di mettersi a piegare correttamente le tende per cui far rientrare tutto nei gavoni è un'impresa. Io non ci riesco ma piuttosto che sistemare la tenda come si dovrebbe preferisco tenermi una sacca stagna nel pozzetto, che tanto è spazioso e col lago piatto non da fastidio.

Temporeggiamo perché sotto sotto siamo tutti poco felici di doverci infilare in quelle mute congelate. Mettiamo le scarpette a scongelare molto vicino al fuoco facendo anche dei danni alla gomma delle suole. Quando i kayak sono carichi, il fuoco spento ed il campo pulito non ci sono più scuse. Ci facciamo coraggio e ci infiliamo in quei gelidi scafandri in cordura e Gore-Tex.

risveglio ghiacciato
Ci imbarchiamo dopo le foto di rito che sono ormai le 11. Pagaiamo pigramente ridiscendendo il versante occidentale. C'è il sole pieno e la temperatura non tarda ad alzarsi. Facciamo una sosta a Gravedona e ne approfittiamo per visitare l'interno della chiesa di Santa Maria del Tiglio. Salutiamo Lorenzo che è arrivato a destinazione e ci avviamo per l'ultima traversata che ci condurrà sul promontorio dell'Olgiasca a sud del quale ci fermiamo per cucinare l'ultimo pasto di quest'avventura. Ormai ci mancano poco meno di 10km prima di giungere al termine di questa impresa, siamo stanchi ma appagati. Superata la punta di Dervio abbiamo in vista l'arrivo. 

Una volta sbarcati, con la calma che ha contraddistinto tutto il viaggio, svuotiamo i kayak e carichiamo il tutto sulle auto. A casa ci sarà tutto da pulire e sistemare in modo da avere tutto il materiale in ordine per la prossima avventura!


C2 ad uso singolo... con ampio bagaglio










2 commenti:

  1. Ciao che racconto fantastico, ne sono colpito !
    Se vi avessi conosciuto prima, vi avrei chiesto di potermi aggregare a questa "spedizione" per tante ragioni:

    -anche io esco in kayak da poco, ma amo questa attività in modo violento come a volte certe passioni possono travolgerci ( ..povera mia moglie !)
    - ho cominciato a pagaiare su un AsA nel 1985 che ancora posseggo anche se recentemente ho poi acquistato anche un seakayak molto evoluto
    -ho spesso violenti dolori alle spalle
    -non ho una stagna e uso materiale vario, da abbinare a cipolla
    -adoro l'alto Lario dove sono solito uscire anche d'inverno e che ancora sto esplorando in tutti i suoi anfratti: non conosco la zona di Gravedina e mi avete fatto venire vogli di andarci !
    -ho 49 anni, ma nel cuore ancora 17 e quindi mi piacciono le avventure anche se un po' faticose e scomode ..

    Il vostro racconto e' da pubblicare su un giornale e davvero mi complimento con tutti voi.
    Certe cose dovrebbero farle non gli adulti ma i ragazzi, per far loro capire quanto sua immensamente favoloso il nostro ambiente e lo si debba proteggere, praticando anche uno sport come il canottaggio che e' davvero figo !
    Con tanta simpatia ...

    Alessandro

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  2. Ci troveremo... io mi devo allenare perchè gli altri vanno forte ed hanno una gran resistenza. Li ho seguiti perchè d'inverno si limitano a circa 25 km a giorno. Per il resto dell'anno le loro percorrenze sono fuori dalla mia portata. Comunque lo spirito avventuriero di quei quattro canoisti è invidiabile!

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