mercoledì 24 agosto 2022

la mia prima pagaia autocostruita




L’ultima idea folle è stata quella di autocostruire una pagaia da canadese. Attirato da molti video trovati su youtube (quello che più ho apprezzato e da cui ho preso più spunto è sul canale di "Simon a bloke in the woods") che lo fanno sembrare un lavoro facile ho pensato: perchè non provarci!

Come esperienza di lavorazione del legno sono proprio sottozero, al massimo ho provato a fare la punta a dei rami col Victorinox quando dimenticavo i picchetti per la tenda. Sono partito quindi con l'idea di tentare la realizzazione di un prototipo spendendo il meno possibile al punto che la colla vinilica usata (che mi è stata gentilmente prestata da un amico falegname) non è adatta al contatto con l'acqua. Questa esperienza serviva giusto per capire se fossi stato in grado o meno di portare a termine l'impresa prima di dedicarci troppe risorse economiche.


FASE 1: dal listello a….. 

Sono partito da due pezzi di abete regalatomi dall'amico falegname. Un listello di circa 3x3 cm lungo 2m ed una tavola lunga 2m e larga circa 10cm con spessore 20mm.

Nel laboratorio del falegname (bello avere a disposizione banco sega, sega a nastro, troncatrice e qualche decennio di esperienza col legno!) abbiamo tagliato il tutto a misura: il listello è stato tagliato per la lunghezza finale della pagaia e con lo scarto sono stati ricavati due pezzetti per l’oliva; dalla tavola invece sono state troncate due sezioni da 80cm l’una per la pala. Il tutto è stato incollato e messo sotto morsetti per un intero pomeriggio avendo cura di posizionare le parti di tavola il più possibile allineate con la mezzeria del manico.

FASE 2: il seghetto alternativo!

Non essendomi ancora arrivato il libro “Canoe Paddles A complete guide to making your own” ho dovuto prendere spunto altrove. Non avevo intenzione di copiare il disegno delle pagaie che ho a disposizione ma realizzare qualcosa di più allungato; sul sito di Aldo Varotto ci sono le coordinate per costruire le dime di alcune pagaie. Ho scelto il disegno della “Algonquin” e riportato tutto su carta. In futuro le dime verranno fatte in compensato così che siano conservabili per future repliche; prototipo di pagaia fatta con prototipo di dima.
La sagoma l’ho poi ritagliata ad 1,5cm dal centro così che, poggiandola in battuta contro il listello del manico, andassi a recuperarne lo spessore. Con un pennarello ho tracciato il bordo e si è subito pronti per il taglio.
Arrivato a questo punto, con la forma disegnata su quei tre prismi di legno incollati ho realizzato l’idea che li dentro c’era la mia pagaia, ciò che dovevo fare era solo togliere il legno in eccesso! 
Una sega a nastro sarebbe l’ideale… ma non avendo un laboratorio ci si accontenta del seghetto alternativo (il mio un Black+Deker modello seconda guerra punica ancora perfettamente funzionante).
E’ importante avere la lama adatta, scegliendone una per legni duri e taglio di precisione si minimizza la scheggiatura della tavola.
Per il taglio è bene fissare con i morsetti la pagaia a dei cavalletti o al bordo del banco da lavoro.







FASE 3: Vai di pialla! 

Prima di iniziare a piallare bisogna tracciare un po’ di linee. Sul bordo della pala è necessario segnare a matita o pennarello quale sarà lo spessore finale che ho deciso sarà 7mm. Ho messo la pagaia sul banco da lavoro, vicina al bordo, facendola poggiare sul travetto centrale. Con il calibro tenevo una distanza costante dal piano e segnavo dei punti con la matita. Del nastro da carrozziere  tirato lungo questi punti segnati ha poi fatto da guida al pennarello. Si ripete l’operazione sull’altro lato e si è davvero pronti a piallare.

Su youtube ci sono molti video riguardo la costruzione di pagaie e moltissimi di falegnameria generale che spiegano bene i vari tipi di pialla e come si usano; se come me non si ha la minima esperienza spendere qualche ora (nel mio caso giorni) a guardarli è una buona cosa.
Lavorando un po’ diagonalmente in traverso vena ed un po’ lungo vena ho assottigliato la pala facendo in modo di asportare più materiale verso i bordi. Quando si è arrivati quasi a livello dei segni ho fatto uno smusso così da enfatizzare la concavità ed ho proceduto con dei movimenti nel tentativo di rendere armoniosa la curvatura dall’estremità fino al centro.
Finita una faccia si gira dall’altro lato  e si ricomincia tutto da capo.

Piallando è necessario avere un banco ben solido ed il pezzo su cui si lavora saldamente ancorato. Ho recuperato dalla spazzatura degli scarti del taglio al seghetto e li ho usati come spessore tra i morsetti e la pagaia così che sul legno non rimanessero i “morsi” causati dalla pressione del morsetto.

Si suda peggio che a pagaiare, è sicuramente un passatempo più adatto all’inverno che alla calura del mese di agosto.

La Algoquin ha una forma simil losanga molto geometrica, il taglio col seghetto alternativo non proprio perfetto aveva lasciato delle leggere asimmetrie che però si notavano subito. Ho lavorato con la pialla direttamente sul bordo della pala per rettificarla e renderla, ad occhio, il più simmetrica possibile. Poi, con dei movimenti della pialla a stondare ho raccordato i nuovi bordi alla curvatura delle due facce della pala. Per lavorare vicino all’attaccatura del manico il pialletto è troppo grosso e torna utile la vastringa, che però non riesco a far lavorare come si deve e lascia dei bruttissimi segni profondi del legno; ci sarà da lavorare parecchio con carta vetrata.



Per stondare il manico è necessario un lungo e noioso lavoro di tracciatura. Ho tirato su ogni faccia del listello due linee, ognuna distante dal bordo ¼ della larghezza del listello (listello da 3cm, linee distanti 7mm dal bordo). Per tracciare anche in questo caso ho usato il calibro non avendo strumenti appositi. Queste servono come riferimento per creare degli smussi a 45° con la pialla. L’idea è che da una sezione quadrata se ne ricava una ottagonale, poi si smussano ulteriormente gli spigoli dell'ottagono e lavorando via via in questo senso si ottiene un cerchio. Vicino all’attaccatura della pala e all’oliva è necessario usare la vastringa ai cui danni ho tentato poi di rimediare con carta vetrata. Proprio non mi capacito della mia incompetenza nell'usare questo strumento.



FASE 4: un anticipo della fase 5, si scartavetra

Ora sarebbe il caso di dedicarsi all’oliva, ma mi sono accorto di non avere neanche una raspa. Quindi ho deciso di lasciar perdere l’oliva ed iniziare la levigatura. Qui qualche elettroutensile farebbe comodo, trasformerebbe in minuti il lavoro di ore. Mentre mettevo nel cassetto dei desideri una levigatrice orbitale (e magari anche una a nastro) ho iniziato ad attaccare la pala ed il manico con la grana 80. Vi è un gran lavoro da fare, specie nelle zone in cui ho lavorato con la vastringa. Alcuni segni però rimarranno.

Anche la pialla ha lasciato alcuni solchi profondi dopo che ho avuto la brillante idea di provare a modificare la regolazione del ferro. Appunto per la prossima volta: tenere a portata di mano un bel listello del legno che si sta usando per fare delle prove con la pialla prima di mettersi a fare danni sulla pagaia.

Una mascherina FFP2, avanzo della pandemia, aiuta a limitare l’inalazione delle polveri di legno durante la levigatura.






FASE 5: Oliva (recupero della fase 4)

Sono arrivato a questo punto gridando al successo. Ma non avevo ancora fatto i conti con l’oliva. Visto che non c’è stato modo di fare pace con la vastringa ho optato per metterla da parte ed adottare un approccio alternativo.
Ho trovato tra gli attrezzi un un seghetto sottile ed ho fatto dei tagli trasversali in maniera tale da avere un punto di riferimento per eliminare il grosso del materiale in eccesso con un coltello. L’idea era quella di ottenere una sezione laterale simile ad una “T” e poi da li partire per arrotondare il tutto. La lama più adatta a questo lavoro che avevo era un coltello della Mora. Tra il Companion in inox ed il 711 carbonioso ho scelto quest’ultimo. E’ un coltellaccio da carpentiere, che tengo in cantina per i “lavoracci”. L’avevo tempo fa riaffilato su pietre grossolane perché per ciò che deve fare basta ed avanza; per l’occasione invece gli ho dedicato qualche minuto su pietre grana 1000 e 3000. Si mangiava il legno che era un piacere!
Il risultato non è un gran che… ma accetto l’idea che qualcosa nella prima pagaia possa non essere venuto come vorrei.
Per tutto il resto della realizzazione non ho sentito la mancanza di attrezzatura particolare oltre quella che avevo (bhè, levigatrice orbitale a parte); qui avrei apprezzato qualche aiuto in più - anche solo un dremel- ma probabilmente sono vittima della sindrome del neofita ovvero pensare che le mie incapacità siano frutto dell'attrezzatura "non all'altezza".

La parte superiore è stata stondata seguendo la stessa tecnica del manico ma poi, in generale, per l’oliva è stato un gran lavoro di levigatura. Prima con una piccola raspa trovata in soffitta e poi con carte vetrate e spugna abrasiva.

Taglio con la sega:



Ecco il lavoro fatto con il Mora:



FASE 6: Finitura

Alla fine non resta che terminare la levigatura con le grane più fini. Non sono riuscito ad eliminare tutti i “peccati” lasciati con la pialla mal regolata o nei fallimentari tentativi di impiegare la vastringa. Diciamo che questa pagaia non vedrà mai l’acqua ma ha un aspetto vissuto perché sembra aver subito anni ed anni di impatti contro le rocce.

Forse una mano o due di mordente scuro ed una successiva ripassata con la 500 avrebbero reso credibile la finta usura ma ero partito con l’idea dell’olio di lino e quindi, dopo un paio di mani ben tirate, ho dichiarato la fine dei lavori.





Conclusione:

Fare una pagaia si può, e con strumenti semplici. Come elettroutensile ho usato solo un seghetto alternativo; acquistando il legno direttamente in listelli tanto basta anche per il loro taglio a misura.


Occorre acquistare un pialletto tipo Block Plane. Se ne trovano nei vari Brico a 10/15€ ma li sconsiglierei dato che su internet tutti ne parlano male (una buona lama per pialletti da sola costa 13€, vien facile capire perché). Senza spendere follie in marchi di lusso si trovano ottimi prodotti nel medio livello: la mia Kunz 110 costa 30€, in alternativa prodotti equivalenti Stanley hanno prezzi simili e sono di più facile reperibilità.

La vastringa alla fine non l’ho usata, se non per fare danni, quindi direi che se ne può fare a meno. Però la Kunz 51 costa appena 16€ ed imparare ad usarla farebbe davvero molto comodo. Quindi, in totale, per i primi esperimenti bisogna spendere poco meno di 50€ di strumentazione, il resto si trova comunemente in qualsiasi cassetta degli attrezzi.

Poi ci va il materiale di consumo ovvero colla per legno (in futuro acquisterò una adatta all’acqua - categoria D4), nastro di carta, carta vetrata grane 80, 120, 280,500 e spugna abrasiva grana grossa/media.

La pagaia che ne è uscita pesa 941g ed è un po' troppo sbilanciata verso la pala che sarebbe da ridurre di spessore ancora di qualche millimetro, sopratutto verso il centro così da ridurre il peso e renderla più maneggevole.


Adesso vorrei cimentarmi subito nella realizzazione di un altro esemplare, magari impiegando del cedro e qualche listello scuro a contrasto, da poter usare. Ci si scontra però con la difficoltà ad acquistare il legno. Non conosco in zona luoghi dove poterlo trovare e sul web si trova facilmente venduto in tavole, il che richiederebbe un buon banco sega per processarle e magari anche una piallatrice a filo e spessore; i listelli hanno tutti misure alquanto strane per cui vien poi difficile farli combaciare nell’incollaggio. Oltretutto acquistando in tavole si risparmia parecchio rispetto al listello, ma non avendo un laboratorio a disposizione ci si deve arrangiare in qualche modo. 

domenica 14 agosto 2022

La Temagami finalmente in acqua


Non si può dire sia stato un primo varo dato che parliamo di una canoa con già 14 anni di vita.
E’ stato però un reciproco battesimo: la Temagami si è bagnata per la prima volta nelle acque del Lario, quelle che da ora sono le sue acque di casa mentre per noi è stata la prima volta nella NOSTRA canoa canadese.
E devo dire finalmente! La ricerca è stata lunga e difficile ed ormai la nostra Swift Temagami era arrivata da più di due settimane. Non stavo più nella pelle!

Lunedì Gloria ed io abbiamo fatto giusto un breve giretto. Il primo impatto, arrivando da qualche esperienza con canadesi in polietilene è davvero superlativo: oltre l’aspetto estetico della splendida costruzione in composito (kevlar) con finiture tutte in legno c’è da dire che si carica in spalla con estrema facilità ed il portage è veramente una goduria.

In acqua le dimensioni sono imponenti ma è stato un pomeriggio di calma piatta quindi nessuna difficoltà nonostante Gloria ed io siamo un peso al di sotto del carico minimo richiesto per questa canoa (che è di 190kg)...ma si sa, senza onde e senza vento siamo tutti ottimi marinai e le canoe sono tutte buone!

A bordo si sta bene, i seggiolini sono davvero confortevoli; hanno il legno anteriore concavo ed inclinato in avanti cosa che li rende perfetti sia da seduto che in ginocchio. Questo almeno per quanto riguarda il posteriore. L’anteriore ha la stessa conformazione ma ha in più le guide per la sua regolazione longitudinale, ottima idea per regolare l’assetto della canoa (bisogna fare delle prove a seconda dei pesi in gioco) ma sospetto possa non essere comodo come il posteriore quando in ginocchio ci si avvicina molto al gunwale. Non ho ancora provato a stare davanti per cui sono solo supposizioni, sicuramente troverò qualche amico che ci vorrà fare un giro ed avrò modo di occupare anche questo seggiolino. Comunque poco male, in tandem per rilassanti crociere in compagnia si starà per lo più comodamente seduti. 

Se devo fare un piccolo appunto mi sarei aspettato una velocità di crociera un pelino più brillante rispetto alla NovaCraft Prospector 16 SP3, ma è tutto da vedere… potrebbe essere un’impressione sbagliata a causa dell’imperizia dei pagaiatori alle prime armi con la pala singola e provati dal caldo afoso. Le linee dello scafo suggeriscono delle performance leggermente superiori rispetto al design Prospector e noi non abbiamo ancora sviluppato una discreta capacità e sensibilità nelle canoe aperte.

Prima di sbarcare un brindisi è stato d'obbligo. Giusto perché per la prima uscita almeno una cambusa simbolica era da avere sono saltati fuori da una sacca stagna due spritz pronti, poi siamo andati a recuperare Matteo dai nonni. Speriamo presto di riuscire a portare anche lui con noi, questa canoa è perfetta per le famiglie ed una zavorrina di almeno una decina di kg abbondanti farebbe solo del bene all’assetto della canoa. Beninteso che il ruolo di zavorrina sarà accettato solo per i primi anni, poi pagaietta in mano!
D’altronde la "scimmia" per la canoa canadese è nata proprio con l'idea di portare Matteo sull’acqua il prima possibile; e ci sono buone speranze dato che, durante la grigliata sociale del CK90, abbiamo messo la Swift sul prato e Matteo se ne è subito impossessato, non voleva più uscire!

il capitano ha già trovato la sua postazione

Ieri in agenda c’era una navigazione notturna in kayak con i ragazzi del CK90 approfittando della luna quasi piena, così ho deciso di arrivare nel tardo pomeriggio per fare una prova di navigazione in solo.

Anche chi è appena entrato nel mondo della canadese capisce subito che una canoa da 5m e 30cm per 94 cm di larghezza, con un carico ottimale dichiarato tra i 190 ed i 306kg non sia proprio pensata per le pagaiate in solitaria. Oltretutto la conformazione del seggiolino anteriore e - soprattutto -  lo scafo spiccatamente asimmetrico impediscono di usare il trucchetto di invertire punta e coda per adattare una tandem all’utilizzo in solitaria.
A dire il vero poi non sarebbe stato neanche il giorno giusto per questi esperimenti dato che c’era una discreta Breva (vento tipico del Lario che nel pomeriggio soffia da sud).

Facendo qualche prova ho trovato che il traverso posto tra il seggiolino posteriore ed il giogo era il punto idelae dove posizionarsi, quello in cui la canoa prendeva un assetto che a sensazione mi è sembrato corretto e restituiva sensazioni di più facile gestibilità. Tale traverso è un rinforzo strutturale per lo scafo e purtroppo è troppo alto sia per sedersi sia per appoggiare le chiappe stando in ginocchio, ma è sempre meglio di niente.
Ci sarà possibilità in futuro di adattare questa canoa alla crescita di Matteo montando un terzo seggiolino di fronte al giogo (cosa molto intelligente vista la portata) ed anche una barra inclinata alla giusta altezza per l’andatura in solitaria (a meno di preferire l’acquisto di una canoa più adatta al solo, magari attorno ai 15/16’, cosa che sarebbe più sensata rispetto al girare da solo con un transatlantico ma Gloria ha già posto veto anche per gli anni a venire).
Comunque quando la Breva mollava si navigava abbastanza bene; mentre quando rinforzava ero costretto a pagaiare dal lato sottovento. Ho raggiunto il campetto slalom con l’idea di fare qualche manovra  e poi mi sono lasciato aiutare dal vento, questa volta in coda, per la tratta di rientro. Poteva andare meglio ma sinceramente pensavo fosse peggio.

Con il vento contro ho trovato più efficace pagaiare genuflesso, con una postura simile a quella del C1 sprint. Immagino che con il migliorare della tecnica e la pratica possa migliorare parecchio.
Ricordo che all'EKOwintry a cui ho partecipato nel 2017 c'era Lorenzo Molinari con una particolarissima C2 di Alessandrini in cui ha caricato dei massi per tenere la punta in acqua restituendole un assetto idoneo; ammetto che l'idea mi ha sfiorato, e sarebbe probabilmente stata anche una cosa intelligente... ma non avevo neanche un tappetino per evitare di rovinare il tessuto di kevlar interno: accortezze da canoa nuova, al rientro l'ho anche pulita.

Festeggiamenti in corso

Bene, ora la canoa c'è, ha ricevuto il nostro battesimo nel Lario. C'è solo da iniziare a divertirsi!



 


a Numana per l' SK3

Le due sorelle  La Certificazione Pagaia Azzurra - Sea Kayak di livello 3 era il mio obiettivo per il biennio 2020-21. Il primo freno a ques...