Ho concluso il 2016 – dal punto di
vista canoistico- con una tranquillissima escursione a metà
dicembre, in compagnia di Gloria, tra Piona e Gravedona.
Il 2017 invece è cominciato con
un'impresa ardita, impresa che per ora è in assoluto al primo posto
tra le cose più folli che abbia fatto in kayak; un trekking nautico
di due giorni sempre sull'alto Lario con bivacco in tenda....nel
cuore dell'inverno!
Che la parte settentrionale del
Lario sia la più fredda è noto, come anche è noto che il Lario sia
tra i grandi laghi italiani il più freddo. Pagaiare d'inverno è stupendo... ma per star fuori a dormire bisogna essere
un po' matti!
Lorenzo e la sua simpatica barca |
L'organizzazione è stata di Marco EKO
che ha pianificato l'evento per il secondo finesettimana di gennaio, rinviato causa vento forte al terzo. Abbiamo passato giorni su
WatsApp a scambiarci messaggi e dati meteo; fino all'ultimo siamo
stati incerti dato che le previsioni erano spesso contrastanti ma
alle 18 circa di venerdì 20 gennaio abbiamo deciso: l'indomani
mattina ci saremmo trovati ad Oro (Bellano) alle 8 per
l'imbarco. 5 partecipanti: io avrei lasciato a casa il kayak per
salire su un doppio con Vittorio, Marco EKO e Roberto sui rispettivi
singoli ed infine Lorenzo con una canadese con cui avremmo fatto rendez-vous a Gravedona.
Gli altri partecipanti hanno come
tradizione da anni (o forse decenni) un'uscita invernale con bivacco
su un lago della zona e tutti hanno curricola canoistici
sbalorditivi: chi ha raccolto medaglie in campionati italiani ed
internazionali, chi ha disceso centinaia di fiumi, chi ha solcato
decine di mari, chi racconta di primati incredibili come la prima
partecipazione italiana alla famosa “arctic sea kayak race”... e
poi c'ero io, che da un annetto me ne vado in giro a giocare al
kayaker. Potevo rifiutare quando mi hanno invitato?
I 5 intrepidi canoisti, autoscatto di gruppo. |
La mattina di sabato sveglia alle 5 per
sistemare gli ultimi dettagli dell'attrezzatura (che era già pronta
dalla settimana precedente) e per scambiarci gli ultimi messaggi
riguardo al meteo tutto sommato rassicurante: assenza di vento e
precipitazioni, temperature minime previste attorno ai -4°C. Non
potevamo chiedere di meglio. Ci imbarchiamo alle 9.20 circa dopo aver
fatto non poca fatica a stivare tutto il materiale nei gavoni che,
spaziosi e sovrabbondanti d'estate, diventano piccoli per una due giorni invernale. Io sono seduto nel pozzetto anteriore del CScanoe
Unalaska605 di Vittorio; Marco e Roberto hanno due ASA KDM520.
Puntiamo dritti il largo per la prima traversata. Il percorso dei 2
giorni ne prevede tre in modo da essere sulla sponda occidentale la
mattina e su quella orientale al pomeriggio così da avere la massima
esposizione al sole. Dopo pochi secondi compare un problema: un
fortissimo dolore al deltoide destro che mi rende praticamente
impossibile pagaiare. Con il tempo il muscolo si scalda ed il dolore
diminuisce ma rimarrà una costante per tutti e due i giorni
limitando fortemente l'escursione del braccio rendendo la mia
pagaiata più goffa ed inefficace del solito.
Questa è una grande sfortuna: il
membro più lento e meno capace del gruppo è ancora più lento.
Fortunatamente essere su un K2 con Vittorio è come avere un motore
fuoribordo!
Raggiunta la sponda opposta sbarchiamo
a Rezzonico proprio sotto al castello per toglierci il pile da sotto
la muta stagna e bere una tazza di tè caldo prima di riprendere la
navigazione sottocosta in direzione di Gravedona. Nel tragitto
prendiamo un appunto mentale: in primavera andare a visitare, a
piedi, la chiesetta di Sant'Eufemia a Musso.
A mezzogiorno circa siamo quasi a
Gravedona dove incontriamo, sulla spiaggia della Serenella, Lorenzo
che ci sta aspettando a fianco della sua barca. In realtà non è una
canoa canadese classica; è un ibrido tra canoa e kayak. Ha due
pozzetti praticamente identici a quelli di un kayak, si sta solo
seduti molto più in alto, addirittura ha una pedaliera per il timone
ma si pagaia con la pala singola.
Questa simpatica imbarcazione, tra
l'altro divisibile, è una creazione di Alessandrini (tutti fan delle
ASA in questo gruppo) di nome “Canadian”. Lorenzo sta seduto nel
pozzetto posteriore mentre in quello anteriore è stivato tutto il
materiale e dei sacchi di punta.
Ora che il gruppo è completo, possiamo
effettuare una nuova traversata verso la spiaggetta che sta poco a
nord dell'ingresso del lago di Piona. A quest'ora è baciata dal sole
e protetta da quella leggera brezza che viene dalla Valchiavenna. Un
ottimo posto per consumare il primo pranzo.
Senza fretta cuciniamo, mangiamo,
chiaccheriamo, sistemiamo i kayak e ci reimbarchiamo addentrandoci
nel laghetto di Piona. Cominciamo il giro in senso orario ma questo
luogo, pur incantevole, è sempre in ombra e noi vogliamo goderci il
calore del sole finchè possiamo. Abbiamo davanti un'intera, lunga e
rigida notte invernale per sentire il freddo. Noi e Lorenzo ci
lasciamo andare alla deriva verso l'imboccatura e facciamo le
lucertole mentre parliamo del più e del meno aspettando i due KDM
che stoicamente concludono il periplo del gelido laghetto.
Una volta riunito il gruppo si pagaia
di gran lena costeggiando verso il luogo prescelto per il bivacco:
proprio nel punto più a nord del Lario in quella lingua di terra che
separa le foci del Mera e dell'Adda. Sbarchiamo e mentre “prendiamo
le misure” del prato veniamo avvisati da alcuni passanti che quella
zona è protetta e che rischiamo multe salate bivaccando. Ci
suggeriscono di fermarci poco prima, oltre l'Adda e così facciamo.
Risaliamo in kayak per percorrere pochissime centinaia di metri ed
individuare un ottimo punto pochi metri ad est del fiume.
Montiamo il campo, accendiamo un
piccolissimo fuoco con parecchie precauzioni e cuciniamo.
Solo mezz'ora dopo il nostro arrivo
l'acqua rimasta sui kayak era già ghiacciata. La cosa ci preoccupa
un po' dato che è segno che la temperatura scenderà oltre il
previsto.
Il campo sotto un cielo stellato e con a vista il Legnone |
preparativi |
La serata trascorre in maniera
rilassata raccolti attorno al braciere anche se non si può sperare
di tirar tardi come d'estate. Il freddo si fa sentire ed alle 21,
dopo aver accuratamente spento il fuoco, siamo tutti in tenda. Io ho
un sacco a pelo estivo, il progetto era di portarne due ma ho dovuto
lasciarne uno in macchina perché avevo esaurito spazio nel gavone.
Dormo quindi completamente vestito: 3 paia di calze, calze a maglia,
pantaloni termici, pantaloni pesanti, copripantalone antivento, 2
magliette termiche, micropile, pile pesante, giacca a vento con
cappuccio, sciarpa di lana, passamontagna, guanti di lana. Mi infilo
nel sacco a pelo; sotto ho steso una coperta isotermica e sopra ne ho
un'altra. Tengo in tenda il materiale elettronico (cellulare,
fotocamere, batterie di scorta) ed una bottiglia d'acqua per
preparare il tè evitando che congeli.
Mi sveglio poco prima della una. Ho i
piedi veramente congelati e la spalla molto dolente. Per il resto
del corpo sto bene. Rinuncio alla copertina superiore, che tanto era
caduta, e la avvolgo attorno ai piedi; per la spalla non posso farci
niente. Mi riaddormeto e tiro le 5.
A quell'ora è ancora tutto buio pesto
ma non ho più sonno. Esco dalla tenda e faccio due passi sulla
spiaggia. Camminare mi riattiva un pochino la circolazione nei piedi.
Mi soffermo ad ammirare il Legnone con a fianco uno spicchio di luna
ed un cielo limpido e stellato, vorrei fare qualche foto ma l'idea di
togliere i guanti mi fa desistere.
Poco dopo vedo una figura che si muove
nel buio, è Marco che sta raccogliendo legnetti per riaccendere il
fuocherello. Cosa non facile dato che è tutto molto molto
umido, ma una volta riusciti tolgo calze e scarpe e metto i piedi
vicino al fuoco. Cerchiamo inutilmente di farci un tè caldo, i
fornelletti non funzionano, il gas nelle bombolette è gelato e non
ne vuole sapere di funzionare. Ho portato una bottiglia di succo di
frutta, lasciata nell'abside interno della tenda, ma ora è una
specie di granita molto molto densa.
Il fuoco aiuta sia il corpo che lo spirito |
Pian piano si risvegliano tutti. Quando
finalmente arriva la luce troviamo kayak ed attrezzatura ricoperti da
uno spesso strato di brina. Le scarpe umide e le mute sono congelate
e rigidissime. Un conoscente che passava da Colico per andare a
sciare ci ha poi detto che in paese il termometro segnava -8,5°C,
dove eravamo noi ce ne sarà stato qualcuno in meno.
Gli altri hanno fornelletti più
performanti, gas più raffinato ed hanno avuto la grande idea di
tenere in tenda non solo l'acqua ma tutto l'occorrente per preparare
la colazione.
Ce la prendiamo con molta calma,
cominciamo a smontare il campo quando il sole sbuca dal Legnone e
nessuno ha voglia di mettersi a piegare correttamente le tende per cui
far rientrare tutto nei gavoni è un'impresa. Io non ci riesco ma
piuttosto che sistemare la tenda come si dovrebbe preferisco tenermi
una sacca stagna nel pozzetto, che tanto è spazioso e col lago
piatto non da fastidio.
Temporeggiamo perché sotto sotto siamo
tutti poco felici di doverci infilare in quelle mute congelate.
Mettiamo le scarpette a scongelare molto vicino al fuoco facendo
anche dei danni alla gomma delle suole. Quando i kayak sono carichi,
il fuoco spento ed il campo pulito non ci sono più scuse. Ci
facciamo coraggio e ci infiliamo in quei gelidi scafandri in cordura
e Gore-Tex.
risveglio ghiacciato |
Ci imbarchiamo dopo le foto di rito che
sono ormai le 11. Pagaiamo pigramente ridiscendendo il versante
occidentale. C'è il sole pieno e la temperatura non tarda ad
alzarsi. Facciamo una sosta a Gravedona e ne approfittiamo per
visitare l'interno della chiesa di Santa Maria del Tiglio. Salutiamo
Lorenzo che è arrivato a destinazione e ci avviamo per l'ultima
traversata che ci condurrà sul promontorio dell'Olgiasca a sud del
quale ci fermiamo per cucinare l'ultimo pasto di quest'avventura.
Ormai ci mancano poco meno di 10km prima di giungere al termine di
questa impresa, siamo stanchi ma appagati. Superata la punta di
Dervio abbiamo in vista l'arrivo.
Una volta sbarcati, con
la calma che ha contraddistinto tutto il viaggio, svuotiamo i kayak e
carichiamo il tutto sulle auto. A casa ci sarà tutto da pulire e sistemare in modo da avere tutto il materiale in ordine per la prossima avventura!
C2 ad uso singolo... con ampio bagaglio |
Ciao che racconto fantastico, ne sono colpito !
RispondiEliminaSe vi avessi conosciuto prima, vi avrei chiesto di potermi aggregare a questa "spedizione" per tante ragioni:
-anche io esco in kayak da poco, ma amo questa attività in modo violento come a volte certe passioni possono travolgerci ( ..povera mia moglie !)
- ho cominciato a pagaiare su un AsA nel 1985 che ancora posseggo anche se recentemente ho poi acquistato anche un seakayak molto evoluto
-ho spesso violenti dolori alle spalle
-non ho una stagna e uso materiale vario, da abbinare a cipolla
-adoro l'alto Lario dove sono solito uscire anche d'inverno e che ancora sto esplorando in tutti i suoi anfratti: non conosco la zona di Gravedina e mi avete fatto venire vogli di andarci !
-ho 49 anni, ma nel cuore ancora 17 e quindi mi piacciono le avventure anche se un po' faticose e scomode ..
Il vostro racconto e' da pubblicare su un giornale e davvero mi complimento con tutti voi.
Certe cose dovrebbero farle non gli adulti ma i ragazzi, per far loro capire quanto sua immensamente favoloso il nostro ambiente e lo si debba proteggere, praticando anche uno sport come il canottaggio che e' davvero figo !
Con tanta simpatia ...
Alessandro
Ci troveremo... io mi devo allenare perchè gli altri vanno forte ed hanno una gran resistenza. Li ho seguiti perchè d'inverno si limitano a circa 25 km a giorno. Per il resto dell'anno le loro percorrenze sono fuori dalla mia portata. Comunque lo spirito avventuriero di quei quattro canoisti è invidiabile!
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