lunedì 5 dicembre 2022

Winter Sea Kayak Italian Event 2022

Cosa dire su questo WISKIE? che nulla è andato come previsto... perché il mare è imprevedibile ed i bambini lo sono ancora di più!

Venerdì pomeriggio siamo partiti con Gloria e Matteo alla volta del Golfo dei Poeti, felici di poter partecipare tutti a questo tradizionale incontro che ogni anno chiude le attività di Sottocosta con due belle navigazioni in mare ed una cena "cerimonale".
Io avevo intenzione di pagaiare solo il sabato mentre Gloria avrebbe fatto la mamma a tempo pieno e non sarebbe mai scesa in acqua; la domenica dovevamo salutare i partecipanti all'imbarco per poi rientrare a casa. Ma del WISKIE ciò che più conta è la cena, momento di incontro con amici di tutta Italia. 

Già da subito purtroppo si intuiva che non tutto sarebbe poi andato secondo i piani: molte le defezioni, la maggior parte a causa del meteo incerto.


Un luogo sempre affascinante

Venerdì sera dopo la pizzata in albergo Matteo non era in forma splendida, ha mangiato poco ed appena saliti in camera non è stato bene. La mattina successiva però sembrava essersi completamente ripreso quindi mi sono presentato all'imbarco speranzoso di poter proseguire secondo i piani.
Il meteo dava scirocco fino a 20Kts, cielo completamente coperto con pioggia, onda attorno al metro. La temperatura del mare superiore rispetto alle medie di questo periodo.

In acqua eravamo 25, Luciano ci seguiva da terra e ci ha salutati dopo il consueto briefing al porto di Le Grazie.
Viste le condizioni ci siamo diretti verso il porto di Portovenere dove saremmo dovuti ripararci mentre un ristretto gruppo andava in perlustrazione oltre la Palmaria per verificare le reali condizioni in atto.
Il primo problema però si è verificato poco fuori la diga foranea della Spezia, tra la terraferma e l'isola. Un punto delicato dove il vento si incanala tra le alture aumentando di velocità e l'onda si fa confusa con quella principale proveniente dal mare aperto e quelle riflesse dalle coste, nella stessa zona in cui, durante il WISKIE 2019, Gloria aveva avuto un brutto attacco di mal di mare.
Fatto sta che uno si è ribaltato (non si dice chi, ma si tratta di un kayaker di grande esperienza - sottolineando il fatto che capita anche ai migliori); io ero il più vicino e mi sono subito portato in posizione per un salvataggio a T.
Il forte vento rendeva il tutto difficoltoso e, prima di aver svuotato il kayak, l'uomo in mare ha perso la presa ed è rimasto alla deriva mentre io ed il suo kayak ci allontanavamo velocemente spinti dalle incessanti raffiche.
Sono quindi intervenuti altri canoisiti: qualcuno ha dato soccorso al canoista "disperso" mentre Jesse mi ha agganciato con il traino lungo per non farmi scarrocciare ulteriormente mentre io mi occupavo di svuotare e zatterare la canoa vuota. E' arrivato anche Ale DB che si è occupato di fare ulteriore sicurezza a me mentre stabilizzavo il kayak soccorso durante il delicato momento della risalita.
E' stato il mio primo salvataggio in situazioni complesse (almeno per i miei standard) e devo dire che ha richiesto decisamente più tempo e più energie rispetto a quando capita di dover "tirare su" qualche principiante sbadatamente finito a bagno in acque tranquille.

Al riparo a Portovenere

Comunque arrivati al riparo nel porticciolo di Portovenere qualcuno è andato fuori a vedere le condizioni... io nel frattempo ho fatto un paio di roll: l'acqua era ancora abbastanza calda e sotto la muta stagna avevo un pile di troppo e stavo iniziando a soffrire il caldo.

Non ci aspettavamo grosse sorprese, con il vento e lo swell di scirocco il lato ad ovest delle isole doveva giocoforza essere tranquillo, ed effettivamente il mare era piatto.
Ma dove volete si trovasse il centro della bassa pressione che causava la pioggerella? proprio li! Dietro il promontorio di Portovenere il cielo non era più grigio ma nero, ed una simpatica cella temporalesca ha ben pensato di scaricare un forte acquazzone (cosa che non ci ha disturbato) ed un paio di fulmini sul mare sono caduti a pochissima distanza da noi. Difficile stimare quanto fossero lontani ma fulmine e tuono sono stati perfettamente simultanei quindi il messaggio era chiarissimo.
Abbiamo girato i kayak e siamo rientrati a Le Grazie dopo si e no due ore di pagaiata.
Pur se breve è stata comunque una navigazione da ricordare sia perchè ci ha ricordato che durante la gestione degli incidenti non va sempre tutto liscio sia per la variabilità ed incertezza del meteo.
Nel pomeriggio poi il vento è calato ed il temporale svanito... ma eravamo già sbarcati. Comunque la scelta precauzionale di interrompere l'escursione è stata ampiamente condivisa da tutti: meglio stare a terra sognando il mare piuttosto che trovasi in mare pregando di arrivare a terra.

Gli imprevisti non finiscono qui: la sera poi abbiamo dovuto abbandonare la cena durante gli antipasti. Matteo non è stato bene nuovamente e gli è salita la febbre alta. Abbiamo così deciso di fare le valige e metterlo in macchina appena addormentato così da fargli affrontare il viaggio di notte senza che se ne accorgesse. Scelta saggia in quanto l'indomani la temperatura non ha voluto saperne di scendere sotto i 39° neanche con la Tachipirina ed è stato insofferente tutto il giorno. Avrebbe sicuramente penato nel dover affrontare ore di viaggio in quelle condizioni.







Link ai post degli anni precedenti:

lunedì 21 novembre 2022

Ospite a Brivio



 Potrei prendere il vizio di frequentare la zona di Brivio nei prossimi periodi.
Lo scorso sabato sono stato ospite alla sede canoistica del Gruppo Escursionisti Briviesi (che si trova proprio nel castello in riva all'Adda); mi hanno permesso di provare un EXO Navigator. Pochi sanno che proprio quello doveva essere il mio primo kayak ma poi cause di forza maggiore hanno dirottato i miei acquisti verso i Prijon Touryak.
Mi è però sempre rimasta la curiosità di sapere com'era questo Navigator e gli amici del G.E.B. sono stati così gentili da concedermi un lungo giro prova. In quell'occasione i briviesi incontrati hanno manifestato una certa curiosità nei riguardi della canoa canadese... e vuoi non cogliere la palla al balzo?

Ieri con Damiano ed i due Riccardi ci siamo imbarcati su due canadesi dalla sede Canneto del CK90 di Vercurago per la discendere l'Adda fino ad Imbersago.
Ho tentato di spiegare a grandi linee quel poco che ho appreso sulla conduzione di una canoa con pagaia a pala singola ma fortunatamente il gruppetto era composto da kayaker con una buona esperienza per cui è bastato lasciare che "ci prendessero la mano" da soli.

la pace dei laghetti interni

Dopo il trasbordo della diga di Olginate Riccardo G. ed io ci siamo imbarcati con la mia Swift a monte del ponte ed abbiamo così percorso anche la rapida più impegnativa di questo tratto di fiume per poi raggiungere gli altri due, rientrati in acqua più a valle.

Dopo la calma piatta offerta dal lago di Olginate è venuto il momento delle rapide del Lavello; non ci avevo dato troppo peso dato che la siccità dell'ultimo anno ci aveva abituati a non considerarle più di quel tanto; però con i parametri di apertura della diga tornati in regimi normali (attorno ai 150m3/s) anche qui c'è un bel movimento con onde stazionarie, mulinelli e morte insidiose. Sono comunque stati tutti concordi nell'affermare che le canoe canadesi, in questo tipo di acque, si comportano decisamente meglio rispetto ai kayak da touring  e mare solitamente impiegati per le discese turistiche tanto dal CK90 quanto dal GEB di Brivio.

Siamo entrati ad esplorare la zona umida cosiddetta delle "stoppate" subito a sud di Monte Marenzo e da li discesi poi a Brivio dove Damiano mi ha raccontato interessanti aneddoti storici riguardanti la darsena di un vecchio macello in località Cà Rota, l'idrovora costruita negli anni '30 per la bonifica dei campi a nord di Brivio e l'edificio che un tempo faceva da dogana tra la Serenissima (che si estendeva fino a Cisano Bergamasco) e Brivio (territorio del ducato di Milano).


il canale di ingresso delle Stoppate


Sbarcati alla loro sede hanno addirittura insistito per offrirmi un succulento pranzo in un localino frequentato dai canoisti locali e, come ben si sa, non mi tiro mai indietro quando c'è da mangiare!
Tornati in acqua a pancia piena abbiamo mantenuto gli stessi equipaggi a ruoli invertiti così che tutti provassero la conduzione sia in prua che in coda. E' stata un'ottima esperienza anche per me dato che rarissimamente ho avuto modo di occupare il posto anteriore.

Arrivati al traghetto leonardesco di Imbersago c'è stato un raro avvistamento: quatto canadesi si esercitavano in manovre di fronte alla sponda di Villa d'Adda. Ci avviciniamo per fare conoscenza e scopriamo essere soci AICAN (che a quanto ne so dovrebbe essere per i canadesi più o meno quello che è Sottocosta per i kayaker marini) soliti frequentare queste zone.

Per tutta la giornata c'è stato un bel sole, niente vento e l'autunno ci ha regalato dei colori caldi davvero magnifici.
La compagnia poi è stata davvero super! Il GEB è una società sportiva storicamente votata alle camminate ed allo sci; da 5 anni grazie alla passione di alcuni soci, complice poi la posizione strategica su uno splendido tratto di fiume, è stato introdotto anche lo sport di pagaia con alcuni kayak da touring. Settore che mi raccontano essere in forte crescita.


Personalmente posso dirmi doppiamente soddisfatto di questa giornata  sia perché è stata una gran bella pagaiata in compagnia sia perché  credo di essere riuscito ad entusiasmare qualcuno nei confronti della canoa canadese; sopratutto considerando la posizione del GEB: su un tratto di fiume dalla grande portata, ancora relativamente vicino ai monti e quindi con acqua pulita e caratterizzato da zone umide esplorabili solo con piccoli natanti dallo scarso pescaggio. Praticamente l'habitat ideale in cui la canoa canadese esprime il massimo delle proprie potenzialità.
Spero quidni di aver trovato nuovi amici, da aggiungere a quelli del CK90, con cui condividere un percorso di crescita nel mondo della "pala singola".
Sarebbe davvero bello se nel castello di Brivio decidessero di affiancare alla loro flotta di EXO Navigator anche un paio di belle canadesi.

Si sta già pensando ad ambiziosi progetti futuri, come la discesa integrale dei tratti per noi navigabili di Adda (passaggi di II° grado massimo) da Lecco al Po. Chissà che non si concretizzi davvero!



PS: quanto è bella la mia Swift? (Foto di Riccardo)




domenica 6 novembre 2022

Proviamo la Lucia (se l'è bèll ul batell)


Vado un fuori dal seminato; off-topic come si suol dire sul web.

Questo è un un blog che ha la parola kayak nel titolo ma si sta andando un po' fuori strada; pare che ultimamente ci si stia instradando più verso la canadese, ma pur sempre di pagaia si parla. Non cambio nome solo perchè "canoeistdestrepa" suona proprio male.


Oggi però andiamo decisamente oltre con una rapida puntata in quella del remo:
E' capitata l'occasione di fare un giro su una Lucia; e vuoi non approfittarne?


Piccola digressione per chi non è della zona:

La Lucia è un'imbarcazione tipica lariana che prende il nome dal famoso personaggio de "i promessi sposi"; nel racconto gli innamorati fuggirono sulle acque del lago a bordo di una barca; negli anni 1960 uscì un film basato sul romanzo del Manzoni nel quale venne impiegato un "batell": barca da pesca e trasporto tradizionale del lago di Como che poi, in seguito al successo mediatico della pellicola, prese appunto il nome di Lucia divenendo oltretutto simbolo distintivo del Lario.

Il batell nacque secoli prima del Manzoni ed era una barca da lavoro a remi su cui si poteva anche armare una vela. Usata originariamente per il trasporto leggero di merci e per la pesca (il "navet" era una barca simile ma con adattamenti specifici per la pesca); in secoli più recenti venne riadattata per il trasporto passeggeri sia in attività puramente diportistiche sia come supporto alle operazioni di imbarco/sbarco dei passeggeri dai piroscafi in località prive di pontili. 

Oggi sebbene le Lucie siano usate solo a scopo ricreativo / commemorativo e siano state snaturate anche nella costruzione (oggi sono spesso in vetroresina e talvolta motorizzate) non perdono nulla del loro fascino riuscendo sempre a catalizzare lo sguardo tanto dei turisti quanto dei locali.

Vi è da aggiungere che la Lucia costituisce anche una categoria di voga in piedi catalogata tra le barche tradizionali dalla Federazione Italiana Canottaggio Sedile Fisso per cui vengono organizzate vere e proprie regate e competizioni tra le varie società delle province di Como e Lecco. 

 



Sabato tramite conoscenze in comune con alcuni canoisti ho avuto il piacere e l'onore di essere ospite -assieme ad un gruppetto di amici- del "Gruppo Manzoniano Lucie" a Rivabella: un'ASD che ha come scopo principale la diffusione della cultura storica del "batell" e di tutte le altre barche tipiche lariane (purtroppo per la maggiore scomparse).

E' stato un pomeriggio ventoso e con il lago pieno di "ochette" per cui la crociera in Lucia ed i nostri tentativi di improvvisarci vogatori sono stati tanto brevi quanto goffi. Comunque tra i soci di questa ASD abbiamo trovato chi ci ha intrattenuto con interessantissimi cenni storici sulle barche e navi che solcavano il Lario in antichità ed in tempi più recenti (grossomodo fino al secondo dopoguerra); due istruttori ci hanno poi accompagnato in acqua nonostante le condizioni non certo facili per dei principianti.

Spero che si instauri un legame saldo e duraturo tra noi canoisti ed i vogatori. I punti in comune non sono pochi: entrambi viviamo il lago in ogni stagione e con mezzi silenziosi, affascinanti e non inquinanti. Il "Gruppo Manzoniano Lucie" poi è più puntato alla crociera rilassata che all'agonismo e come noi turisti della pagaia accompagnano sempre i loro incontri sportivi con momenti di convivialità (cosa c'è di meglio di una merenda o un aperitivo sull'acqua o in riva al lago?).

Per noi canoisti è stato un momento di grande stimolo culturale. Viviamo sul lago con natanti la cui storia è fortemente legata alle tradizioni di antichi popoli d'oltre oceano ma ci siamo scoperti ignoranti nei riguardi della secolare tradizione delle barche di casa che purtroppo stanno scomparendo.

Ci hanno proposto di tornare... ed ovviamente non mancheremo!











martedì 1 novembre 2022

Concentrazioneskimokayak 2022

 

Quest’anno volevo proprio partecipare a tutti e due i giorni del Concentrazioneskimokayak; le precedenti edizioni cui avevo preso parte mi avevano visto in canoa solo la domenica mentre per il sabato, quando il gruppo navigava lungo il tratto di costa che va da Torbole a Malcesine, mi godevo da turista la passeggiata tra Lazise e Bardolino.

Ponte dei Voltoni
Avevo già pensato a tutto: sarei sceso in acqua io il sabato per lasciare a Gloria la navigazione di domenica; oppure in alternativa si poteva provare a coinvolgere una nonna che avrebbe dovuto intrattenere Matteo in campeggio mentre mamma e papà scorrazzavano in giro per il Benaco.

Sono rimasto un po’ deluso quando ho visto che dal calendario ufficiale degli eventi di Sottocosta  2022 il tradizionale incontro sul lago di Garda non era previsto.

Mancava davvero poco alla fine di ottobre quando Luciano, con una visita di persona, mi ha portato la bella notizia: “ho appena mandato una mail; il Concentrazioneskimokayak si fa!”. 

Quando però è arrivato il programma dell’evento ho notato una importante variazione, l’uscita da Torbole era stata sostituita da una più comoda (dal punto di vista logistico) e meno impegnativa (dal punto di vista canoistico) navigazione partendo direttamente dal campeggio e dirigendoci a sud verso Peschiera.


Sono arrivato al camping Du Parc di Lazise venerdì sera, giusto in tempo per una pizzata con chi era già presente. Dato che Gloria aveva impegni lavorativi ero da solo, così mi sono accomodato in un lussuoso bungalow con Luciano e Franco Soana (eh si… ero con le alte sfere!).

Sabato mattina ritrovo in spiaggia per le 9:30 ed imbarco a lungo ritardato aspettando l’arrivo degli ultimi partecipanti imbottigliati nel traffico. Per tutti e due i giorni i briefing sono stati tenuti da Luciano in collaborazione con gli Enzi. Sole, acqua a 17°C, temperatura ancora quasi estiva, una brezza moderata da nord ovest e lago che per la mattinata è rimasto leggermente mosso fino all’ora di pranzo per poi spianare in calma piatta.

In acqua eravamo in 24 tra cui un kayak doppio… anzi, 2 kayak doppi di cui uno ad uso singolo con il pozzetto anteriore convertito in cuccia per un amico a quattro zampe.

Il tratto di costa che separa Lazise da Peschiera è davvero poco interessante; è tutta una spiaggia lungo la quale corre una passeggiata a lago; dietro qualche fila di alberi si notano sullo sfondo le cime delle più alte attrazioni dei parchi divertimento. 

Peschiera del Garda invece è un punto di interesse davvero importante che merita di essere visitato. Non abbiamo in verità raggiunto l’attuale centro abitato ma ci siamo limitati a percorrere i canali che costeggiano la fortezza edificata nell'esatto punto in cui dal lago nasce il Mincio. Questa imponente struttura, già strategica per l’impero romano, è ancor oggi usata nelle sue diramazione acquatiche come porto non solo per piccoli natanti da diporto ma anche per i traghetti e battelli del servizio di navigazione.

Passati attraverso il canale di mezzo sotto al Ponte dei Voltoni siamo poi rientrati nelle acque del Benaco costeggiando le mura occidentali e passando sotto al ponte di Porta Brescia.

Peschiera

Ponte di Porta Brescia


Lo splendore di Lazise al tramonto

Dopo questa piacevole visita abbiamo ripreso la via del ritorno verso Lazise solo per un breve tratto dato che le pance brontolavano e non vedevamo l’ora di aprire i gavoni. La sosta è stata lunga e molto piacevole. Io ho portato la Slinzega, i veneti il formaggio di Asiago, qualcuno le bollicine, dolcetti, frutta secca… La splendida giornata e l’ora solare hanno fatto si che si potesse potesse dilungare parecchio con questa convivialità.

Per finire ho estratto la moka ed ho constatato con stupore che eravamo ben in tre ad esserne dotati.

Al ritorno, con alcuni che non sarebbero stati presenti anche il giorno successivo, abbiamo superato il campeggio per raggiungere il centro di Lazise ed ammirarne le bellezze.

Lazise

La navigazione della domenica è stata invece la classica del Concentrazioneskimokayak, percorsa in senso antiorario. Lazise con il suo castello Scaligero, l’incantevole porticciolo storico su cui si affaccia la piazza centrale; poi Bardolino con un altro porticciolo; l’insenatura di Garda e successivamente l’incantevole Punta San Vigilio con la sua stupenda villa, la chiesetta ed il porticciolo.
Lazise

Pausa pranzo nella baia delle Sirene, qui però con un occhio di riguardo all’orologio perché con il passaggio all’ora legale il sole tramonterà prima ed inoltre il percorso è decisamente più lungo rispetto al giorno precedente. Però se il “pranzo al sacco” del sabato è stato ottimo ed abbondante la domenica ci siamo superati. La tradizionale tartina di benvenuto alla Luciano bagnata con un magnum di brut ha dato il via ad un pasto terminato in assaggini di vari liquori fatti in casa.

Per uno come me che non si sa trattenere è una prova durissima. Proprio quando il mio cervello, su precisa indicazione della pancia piena, comincia a suggerire un rigenerante pisolino godendo di questo anomalo sole autunnale arriva il momento di reimbarcarsi per il viaggio di ritorno.

Lo confesso, lo spirito è forte (quello della grappa alla liquirizia lo è sicuramente) ma la carne è debole. Amo il kayak… ma in quel momento sarei salito volentieri su un gommone.



Lazise


La tratta di ritorno prevedeva la  tradizionale ricerca del Pal del Vo’. Simpatico gioco che è anche un esercizio di navigazione. La rotta è nota, la bussola indica lo stesso per tutti, il vento manca per cui non c’è scarroccio, non mancano neanche i riferimenti orografici perché è allineato tra Punta San Vigilio e la penisola di Sirmione e neanche la visibilità manca. Tutto molto facile ma finisce sempre che su una trentina di canoisti (di cui alcuni anche dotati di GPS) nell’avvicinamento ci si ritrova con qualcuno che dice di averlo visto un po’ più in qua, chi un po’ più in la, chi dice che “non c’è dubbio, eccolo li!…. Ah no, è l’albero di una barca a vela”.

Raggiunto l’obiettivo foto di rito e via dritti su Bardolino per il rientro nuovamente sottocosta.

Dal punto di vista del meteo credo che oltre all’anomalo caldo per questo periodo dell’anno abbiamo anche trovato un giorno di calma piatta come forse è raro vederne sul Garda. Solo una breve bava di vento nel doppiare Punta San Vigilio e poi null’altro.

Palo del Vo'

La scelta più azzeccata del fine settimana è stata la partenza per il viaggio di ritorno. Ricordo che mi mettevo in macchina dopo lo sbarco ed il viaggio era veramente un inferno. Coda ovunque fino all’autostrada dato che è l’orario di chiusura dei parchi divertimento, coda in autostrada a Desenzano, a Brescia ed infine a Bergamo si tira una monetina per far decidere al fato se si farà coda in tangenziale a Milano o sulla SS342.

Quest’anno mi sono fermato a cena; così ho anche avuto tempo di fare con calma una doccia, salutare tutti come si deve, mettere a posto con cura l’attrezzatura (no, in realtà non l’ho fatto. Ho buttato in macchina tutto alla rinfusa come sempre ma volendo avrei avuto tempo di sistemare tutto). Alle 19:30 gambe sotto al tavolo con chi si fermava in campeggio per una notte in più e chi ha avuto la mia stessa idea. Alle 21:00 partenza con strade completamente libere.

Perfetto!


Link ai post degli anni precedenti:

2019

2016

martedì 18 ottobre 2022

L'Adda in canadese

 

Il 25 settembre si è svolta la tradizionale discesa dell'Adda che chiude la stagione dei corsi base al CK90. Un evento fisso in cui i nuovi aspiranti "Inuit del Lario" fanno una bella escursione con i veterani del sodalizio. Quest'anno però molti dei nuovi iscritti -quasi tutti a dire il vero - hanno rinunciato viste le poco confortanti previsioni meteo. Ci aspettavamo della pioggia ma alla fine l'unica acqua che abbiamo visto è stata quella del fiume… ed anche poca dato che laghi e fiumi patiscono ancora la grave siccità dell'ultimo anno.

Gloria risultava anch'essa tra gli assenti; ha dovuto rinunciare a questa bella gita per impegni lavorativi.

Io invece avevo deciso di scendere in canadese e così mi sono imbarcato in solitaria dalla sede canneto per raggiungere il gruppo. Una volta in sede Gallavesa ho trovato Marco Arlati il quale ha voluto riporre il kayak e salire a bordo della Swift. Sono stato davvero contento di aver avuto un compagno con cui dividere le forze e con cui divertirmi in tandem nelle rapide del ponte di Olginate e del Lavello!

Durante questa discesa ho anche testato la mia seconda pagaia autocostruita; non male ma sulla prossima ci sarà ancora parecchio legno da togliere per ridurre il peso.


Detto questo mi è dispiaciuto parecchio per l'assenza di Gloria, così domenica abbiamo deciso di replicare la gita da soli. Ci siamo imbarcati con calma da Vercurago poco dopo le 10 del mattino, abbiamo effettuato il portage per il trasbordo della diga di Olginate e sono anche riuscito a convincere Gloria ad imbarcarci prima del ponte. Voleva evitare la rapida subito a valle della diga ma alla fine l'abbiamo fatta ed anche lei si è meravigliata di quanto la canadese si trovi perfettamente a suo agio nell'acqua che corre e quanto morbida sia ad entrare ed uscire dalle morte.

Anche le rapide a valle del Lavello di Calolzio sono andate via lisce senza che Gloria trovasse motivo di preoccupazione. In nessun caso la Temagami ha mostrato intenzione di modificare bruscamente l'assetto o di farsi sballottare dal fiume.

Di lì in poi, con la diga che lascia poco più di 50 m3/s l'Adda più che un fiume sembra un lago stretto e lungo. Con questa scarsità di acqua purtroppo si riducono di molto anche le possibilità di divagare fuori dall'asta principale: la maggior parte dei canali laterali, laghetti e paludi che rappresentano il maggior punto di interesse in questi ambienti non sono purtroppo accessibili. 



È stata una giornata davvero piacevole, ancor più considerando che da davvero tanto tanto tempo non ci concedevamo una pagaiata di coppia. Il clima è stato perfetto, non abbiamo nemmeno avuto bisogno di indossare le giacche d'acqua. Abbiamo inaugurato le pagaie della Grey Owl che da molti mesi aspettavo arrivassero dal Canada (le aspettavo io…Gloria non sapeva dell'acquisto altrimenti si sarebbe opposta).

Mi piacerebbe ripetere la discesa tra qualche settimana con un foliage ancora più intenso. Magari qualche altro inuit si farà incuriosire dalla pagaiata a pala singola e vorrà provare l'esperienza.










mercoledì 24 agosto 2022

la mia prima pagaia autocostruita




L’ultima idea folle è stata quella di autocostruire una pagaia da canadese. Attirato da molti video trovati su youtube (quello che più ho apprezzato e da cui ho preso più spunto è sul canale di "Simon a bloke in the woods") che lo fanno sembrare un lavoro facile ho pensato: perchè non provarci!

Come esperienza di lavorazione del legno sono proprio sottozero, al massimo ho provato a fare la punta a dei rami col Victorinox quando dimenticavo i picchetti per la tenda. Sono partito quindi con l'idea di tentare la realizzazione di un prototipo spendendo il meno possibile al punto che la colla vinilica usata (che mi è stata gentilmente prestata da un amico falegname) non è adatta al contatto con l'acqua. Questa esperienza serviva giusto per capire se fossi stato in grado o meno di portare a termine l'impresa prima di dedicarci troppe risorse economiche.


FASE 1: dal listello a….. 

Sono partito da due pezzi di abete regalatomi dall'amico falegname. Un listello di circa 3x3 cm lungo 2m ed una tavola lunga 2m e larga circa 10cm con spessore 20mm.

Nel laboratorio del falegname (bello avere a disposizione banco sega, sega a nastro, troncatrice e qualche decennio di esperienza col legno!) abbiamo tagliato il tutto a misura: il listello è stato tagliato per la lunghezza finale della pagaia e con lo scarto sono stati ricavati due pezzetti per l’oliva; dalla tavola invece sono state troncate due sezioni da 80cm l’una per la pala. Il tutto è stato incollato e messo sotto morsetti per un intero pomeriggio avendo cura di posizionare le parti di tavola il più possibile allineate con la mezzeria del manico.

FASE 2: il seghetto alternativo!

Non essendomi ancora arrivato il libro “Canoe Paddles A complete guide to making your own” ho dovuto prendere spunto altrove. Non avevo intenzione di copiare il disegno delle pagaie che ho a disposizione ma realizzare qualcosa di più allungato; sul sito di Aldo Varotto ci sono le coordinate per costruire le dime di alcune pagaie. Ho scelto il disegno della “Algonquin” e riportato tutto su carta. In futuro le dime verranno fatte in compensato così che siano conservabili per future repliche; prototipo di pagaia fatta con prototipo di dima.
La sagoma l’ho poi ritagliata ad 1,5cm dal centro così che, poggiandola in battuta contro il listello del manico, andassi a recuperarne lo spessore. Con un pennarello ho tracciato il bordo e si è subito pronti per il taglio.
Arrivato a questo punto, con la forma disegnata su quei tre prismi di legno incollati ho realizzato l’idea che li dentro c’era la mia pagaia, ciò che dovevo fare era solo togliere il legno in eccesso! 
Una sega a nastro sarebbe l’ideale… ma non avendo un laboratorio ci si accontenta del seghetto alternativo (il mio un Black+Deker modello seconda guerra punica ancora perfettamente funzionante).
E’ importante avere la lama adatta, scegliendone una per legni duri e taglio di precisione si minimizza la scheggiatura della tavola.
Per il taglio è bene fissare con i morsetti la pagaia a dei cavalletti o al bordo del banco da lavoro.







FASE 3: Vai di pialla! 

Prima di iniziare a piallare bisogna tracciare un po’ di linee. Sul bordo della pala è necessario segnare a matita o pennarello quale sarà lo spessore finale che ho deciso sarà 7mm. Ho messo la pagaia sul banco da lavoro, vicina al bordo, facendola poggiare sul travetto centrale. Con il calibro tenevo una distanza costante dal piano e segnavo dei punti con la matita. Del nastro da carrozziere  tirato lungo questi punti segnati ha poi fatto da guida al pennarello. Si ripete l’operazione sull’altro lato e si è davvero pronti a piallare.

Su youtube ci sono molti video riguardo la costruzione di pagaie e moltissimi di falegnameria generale che spiegano bene i vari tipi di pialla e come si usano; se come me non si ha la minima esperienza spendere qualche ora (nel mio caso giorni) a guardarli è una buona cosa.
Lavorando un po’ diagonalmente in traverso vena ed un po’ lungo vena ho assottigliato la pala facendo in modo di asportare più materiale verso i bordi. Quando si è arrivati quasi a livello dei segni ho fatto uno smusso così da enfatizzare la concavità ed ho proceduto con dei movimenti nel tentativo di rendere armoniosa la curvatura dall’estremità fino al centro.
Finita una faccia si gira dall’altro lato  e si ricomincia tutto da capo.

Piallando è necessario avere un banco ben solido ed il pezzo su cui si lavora saldamente ancorato. Ho recuperato dalla spazzatura degli scarti del taglio al seghetto e li ho usati come spessore tra i morsetti e la pagaia così che sul legno non rimanessero i “morsi” causati dalla pressione del morsetto.

Si suda peggio che a pagaiare, è sicuramente un passatempo più adatto all’inverno che alla calura del mese di agosto.

La Algoquin ha una forma simil losanga molto geometrica, il taglio col seghetto alternativo non proprio perfetto aveva lasciato delle leggere asimmetrie che però si notavano subito. Ho lavorato con la pialla direttamente sul bordo della pala per rettificarla e renderla, ad occhio, il più simmetrica possibile. Poi, con dei movimenti della pialla a stondare ho raccordato i nuovi bordi alla curvatura delle due facce della pala. Per lavorare vicino all’attaccatura del manico il pialletto è troppo grosso e torna utile la vastringa, che però non riesco a far lavorare come si deve e lascia dei bruttissimi segni profondi del legno; ci sarà da lavorare parecchio con carta vetrata.



Per stondare il manico è necessario un lungo e noioso lavoro di tracciatura. Ho tirato su ogni faccia del listello due linee, ognuna distante dal bordo ¼ della larghezza del listello (listello da 3cm, linee distanti 7mm dal bordo). Per tracciare anche in questo caso ho usato il calibro non avendo strumenti appositi. Queste servono come riferimento per creare degli smussi a 45° con la pialla. L’idea è che da una sezione quadrata se ne ricava una ottagonale, poi si smussano ulteriormente gli spigoli dell'ottagono e lavorando via via in questo senso si ottiene un cerchio. Vicino all’attaccatura della pala e all’oliva è necessario usare la vastringa ai cui danni ho tentato poi di rimediare con carta vetrata. Proprio non mi capacito della mia incompetenza nell'usare questo strumento.



FASE 4: un anticipo della fase 5, si scartavetra

Ora sarebbe il caso di dedicarsi all’oliva, ma mi sono accorto di non avere neanche una raspa. Quindi ho deciso di lasciar perdere l’oliva ed iniziare la levigatura. Qui qualche elettroutensile farebbe comodo, trasformerebbe in minuti il lavoro di ore. Mentre mettevo nel cassetto dei desideri una levigatrice orbitale (e magari anche una a nastro) ho iniziato ad attaccare la pala ed il manico con la grana 80. Vi è un gran lavoro da fare, specie nelle zone in cui ho lavorato con la vastringa. Alcuni segni però rimarranno.

Anche la pialla ha lasciato alcuni solchi profondi dopo che ho avuto la brillante idea di provare a modificare la regolazione del ferro. Appunto per la prossima volta: tenere a portata di mano un bel listello del legno che si sta usando per fare delle prove con la pialla prima di mettersi a fare danni sulla pagaia.

Una mascherina FFP2, avanzo della pandemia, aiuta a limitare l’inalazione delle polveri di legno durante la levigatura.






FASE 5: Oliva (recupero della fase 4)

Sono arrivato a questo punto gridando al successo. Ma non avevo ancora fatto i conti con l’oliva. Visto che non c’è stato modo di fare pace con la vastringa ho optato per metterla da parte ed adottare un approccio alternativo.
Ho trovato tra gli attrezzi un un seghetto sottile ed ho fatto dei tagli trasversali in maniera tale da avere un punto di riferimento per eliminare il grosso del materiale in eccesso con un coltello. L’idea era quella di ottenere una sezione laterale simile ad una “T” e poi da li partire per arrotondare il tutto. La lama più adatta a questo lavoro che avevo era un coltello della Mora. Tra il Companion in inox ed il 711 carbonioso ho scelto quest’ultimo. E’ un coltellaccio da carpentiere, che tengo in cantina per i “lavoracci”. L’avevo tempo fa riaffilato su pietre grossolane perché per ciò che deve fare basta ed avanza; per l’occasione invece gli ho dedicato qualche minuto su pietre grana 1000 e 3000. Si mangiava il legno che era un piacere!
Il risultato non è un gran che… ma accetto l’idea che qualcosa nella prima pagaia possa non essere venuto come vorrei.
Per tutto il resto della realizzazione non ho sentito la mancanza di attrezzatura particolare oltre quella che avevo (bhè, levigatrice orbitale a parte); qui avrei apprezzato qualche aiuto in più - anche solo un dremel- ma probabilmente sono vittima della sindrome del neofita ovvero pensare che le mie incapacità siano frutto dell'attrezzatura "non all'altezza".

La parte superiore è stata stondata seguendo la stessa tecnica del manico ma poi, in generale, per l’oliva è stato un gran lavoro di levigatura. Prima con una piccola raspa trovata in soffitta e poi con carte vetrate e spugna abrasiva.

Taglio con la sega:



Ecco il lavoro fatto con il Mora:



FASE 6: Finitura

Alla fine non resta che terminare la levigatura con le grane più fini. Non sono riuscito ad eliminare tutti i “peccati” lasciati con la pialla mal regolata o nei fallimentari tentativi di impiegare la vastringa. Diciamo che questa pagaia non vedrà mai l’acqua ma ha un aspetto vissuto perché sembra aver subito anni ed anni di impatti contro le rocce.

Forse una mano o due di mordente scuro ed una successiva ripassata con la 500 avrebbero reso credibile la finta usura ma ero partito con l’idea dell’olio di lino e quindi, dopo un paio di mani ben tirate, ho dichiarato la fine dei lavori.





Conclusione:

Fare una pagaia si può, e con strumenti semplici. Come elettroutensile ho usato solo un seghetto alternativo; acquistando il legno direttamente in listelli tanto basta anche per il loro taglio a misura.


Occorre acquistare un pialletto tipo Block Plane. Se ne trovano nei vari Brico a 10/15€ ma li sconsiglierei dato che su internet tutti ne parlano male (una buona lama per pialletti da sola costa 13€, vien facile capire perché). Senza spendere follie in marchi di lusso si trovano ottimi prodotti nel medio livello: la mia Kunz 110 costa 30€, in alternativa prodotti equivalenti Stanley hanno prezzi simili e sono di più facile reperibilità.

La vastringa alla fine non l’ho usata, se non per fare danni, quindi direi che se ne può fare a meno. Però la Kunz 51 costa appena 16€ ed imparare ad usarla farebbe davvero molto comodo. Quindi, in totale, per i primi esperimenti bisogna spendere poco meno di 50€ di strumentazione, il resto si trova comunemente in qualsiasi cassetta degli attrezzi.

Poi ci va il materiale di consumo ovvero colla per legno (in futuro acquisterò una adatta all’acqua - categoria D4), nastro di carta, carta vetrata grane 80, 120, 280,500 e spugna abrasiva grana grossa/media.

La pagaia che ne è uscita pesa 941g ed è un po' troppo sbilanciata verso la pala che sarebbe da ridurre di spessore ancora di qualche millimetro, sopratutto verso il centro così da ridurre il peso e renderla più maneggevole.


Adesso vorrei cimentarmi subito nella realizzazione di un altro esemplare, magari impiegando del cedro e qualche listello scuro a contrasto, da poter usare. Ci si scontra però con la difficoltà ad acquistare il legno. Non conosco in zona luoghi dove poterlo trovare e sul web si trova facilmente venduto in tavole, il che richiederebbe un buon banco sega per processarle e magari anche una piallatrice a filo e spessore; i listelli hanno tutti misure alquanto strane per cui vien poi difficile farli combaciare nell’incollaggio. Oltretutto acquistando in tavole si risparmia parecchio rispetto al listello, ma non avendo un laboratorio a disposizione ci si deve arrangiare in qualche modo. 

domenica 14 agosto 2022

La Temagami finalmente in acqua


Non si può dire sia stato un primo varo dato che parliamo di una canoa con già 14 anni di vita.
E’ stato però un reciproco battesimo: la Temagami si è bagnata per la prima volta nelle acque del Lario, quelle che da ora sono le sue acque di casa mentre per noi è stata la prima volta nella NOSTRA canoa canadese.
E devo dire finalmente! La ricerca è stata lunga e difficile ed ormai la nostra Swift Temagami era arrivata da più di due settimane. Non stavo più nella pelle!

Lunedì Gloria ed io abbiamo fatto giusto un breve giretto. Il primo impatto, arrivando da qualche esperienza con canadesi in polietilene è davvero superlativo: oltre l’aspetto estetico della splendida costruzione in composito (kevlar) con finiture tutte in legno c’è da dire che si carica in spalla con estrema facilità ed il portage è veramente una goduria.

In acqua le dimensioni sono imponenti ma è stato un pomeriggio di calma piatta quindi nessuna difficoltà nonostante Gloria ed io siamo un peso al di sotto del carico minimo richiesto per questa canoa (che è di 190kg)...ma si sa, senza onde e senza vento siamo tutti ottimi marinai e le canoe sono tutte buone!

A bordo si sta bene, i seggiolini sono davvero confortevoli; hanno il legno anteriore concavo ed inclinato in avanti cosa che li rende perfetti sia da seduto che in ginocchio. Questo almeno per quanto riguarda il posteriore. L’anteriore ha la stessa conformazione ma ha in più le guide per la sua regolazione longitudinale, ottima idea per regolare l’assetto della canoa (bisogna fare delle prove a seconda dei pesi in gioco) ma sospetto possa non essere comodo come il posteriore quando in ginocchio ci si avvicina molto al gunwale. Non ho ancora provato a stare davanti per cui sono solo supposizioni, sicuramente troverò qualche amico che ci vorrà fare un giro ed avrò modo di occupare anche questo seggiolino. Comunque poco male, in tandem per rilassanti crociere in compagnia si starà per lo più comodamente seduti. 

Se devo fare un piccolo appunto mi sarei aspettato una velocità di crociera un pelino più brillante rispetto alla NovaCraft Prospector 16 SP3, ma è tutto da vedere… potrebbe essere un’impressione sbagliata a causa dell’imperizia dei pagaiatori alle prime armi con la pala singola e provati dal caldo afoso. Le linee dello scafo suggeriscono delle performance leggermente superiori rispetto al design Prospector e noi non abbiamo ancora sviluppato una discreta capacità e sensibilità nelle canoe aperte.

Prima di sbarcare un brindisi è stato d'obbligo. Giusto perché per la prima uscita almeno una cambusa simbolica era da avere sono saltati fuori da una sacca stagna due spritz pronti, poi siamo andati a recuperare Matteo dai nonni. Speriamo presto di riuscire a portare anche lui con noi, questa canoa è perfetta per le famiglie ed una zavorrina di almeno una decina di kg abbondanti farebbe solo del bene all’assetto della canoa. Beninteso che il ruolo di zavorrina sarà accettato solo per i primi anni, poi pagaietta in mano!
D’altronde la "scimmia" per la canoa canadese è nata proprio con l'idea di portare Matteo sull’acqua il prima possibile; e ci sono buone speranze dato che, durante la grigliata sociale del CK90, abbiamo messo la Swift sul prato e Matteo se ne è subito impossessato, non voleva più uscire!

il capitano ha già trovato la sua postazione

Ieri in agenda c’era una navigazione notturna in kayak con i ragazzi del CK90 approfittando della luna quasi piena, così ho deciso di arrivare nel tardo pomeriggio per fare una prova di navigazione in solo.

Anche chi è appena entrato nel mondo della canadese capisce subito che una canoa da 5m e 30cm per 94 cm di larghezza, con un carico ottimale dichiarato tra i 190 ed i 306kg non sia proprio pensata per le pagaiate in solitaria. Oltretutto la conformazione del seggiolino anteriore e - soprattutto -  lo scafo spiccatamente asimmetrico impediscono di usare il trucchetto di invertire punta e coda per adattare una tandem all’utilizzo in solitaria.
A dire il vero poi non sarebbe stato neanche il giorno giusto per questi esperimenti dato che c’era una discreta Breva (vento tipico del Lario che nel pomeriggio soffia da sud).

Facendo qualche prova ho trovato che il traverso posto tra il seggiolino posteriore ed il giogo era il punto idelae dove posizionarsi, quello in cui la canoa prendeva un assetto che a sensazione mi è sembrato corretto e restituiva sensazioni di più facile gestibilità. Tale traverso è un rinforzo strutturale per lo scafo e purtroppo è troppo alto sia per sedersi sia per appoggiare le chiappe stando in ginocchio, ma è sempre meglio di niente.
Ci sarà possibilità in futuro di adattare questa canoa alla crescita di Matteo montando un terzo seggiolino di fronte al giogo (cosa molto intelligente vista la portata) ed anche una barra inclinata alla giusta altezza per l’andatura in solitaria (a meno di preferire l’acquisto di una canoa più adatta al solo, magari attorno ai 15/16’, cosa che sarebbe più sensata rispetto al girare da solo con un transatlantico ma Gloria ha già posto veto anche per gli anni a venire).
Comunque quando la Breva mollava si navigava abbastanza bene; mentre quando rinforzava ero costretto a pagaiare dal lato sottovento. Ho raggiunto il campetto slalom con l’idea di fare qualche manovra  e poi mi sono lasciato aiutare dal vento, questa volta in coda, per la tratta di rientro. Poteva andare meglio ma sinceramente pensavo fosse peggio.

Con il vento contro ho trovato più efficace pagaiare genuflesso, con una postura simile a quella del C1 sprint. Immagino che con il migliorare della tecnica e la pratica possa migliorare parecchio.
Ricordo che all'EKOwintry a cui ho partecipato nel 2017 c'era Lorenzo Molinari con una particolarissima C2 di Alessandrini in cui ha caricato dei massi per tenere la punta in acqua restituendole un assetto idoneo; ammetto che l'idea mi ha sfiorato, e sarebbe probabilmente stata anche una cosa intelligente... ma non avevo neanche un tappetino per evitare di rovinare il tessuto di kevlar interno: accortezze da canoa nuova, al rientro l'ho anche pulita.

Festeggiamenti in corso

Bene, ora la canoa c'è, ha ricevuto il nostro battesimo nel Lario. C'è solo da iniziare a divertirsi!



 


La Pocket Canyon a casa

foto Luca Cattaneo Non vedevo l'ora di mettere in acqua la mia nuova Pocket Canyon . Certo, non è stato un primo varo dato che l’avevo g...